Storia delle miniere di Cogne

L’inizio dello sfruttamento dei giacimenti di magnetite di Cogne si perde negli albori della storia. Le prime informazioni storiche sullo sfruttamento minerario del sito di Liconi risalgono al 1432 e riguardano un antico atto di vendita in cui si fa riferimento esplicito al minerale estratto da Liconi e in cui viene specificata la proprietà vescovile delle miniere e delle officine di Cogne.

La comparsa nel tempo di imprenditori forestieri nello sfruttamento della miniera non piacque alla popolazione di Cogne che iniziò a rivendicarne i diritti. Gli attriti tra la proprietà vescovile e i Cogneins si conclusero nel 1679, quando il vescovo Antoine Philibert Bailly, stanco dei continui scontri con la comunità locale, vendette le miniere al Comune di Cogne per 300 pistole d’oro spagnole.

Seguirono secoli nei quali si alternavano momenti floridi e momenti di poca estrazione. Il Dottor Emmanuel César Grappein nei primi anni del 1800 prese la direzione della miniera e instaurò una gestione di tipo “comunitario”, in cui l’estrazione, il trasporto e la vendita del minerale erano gestiti da tutta la comunità di Cogne. I Cogneins s’improvvisarono minatori con ritmi di lavoro estenuanti e tecniche arretrate ed altamente pericolose. Nel 1910 la gestione belga della miniera iniziò i lavori di costruzione del villaggio minatori di Colonna (2.425 m. slm, la più alta miniera di ferro d’Europa) che, una volta costruito, ospitava circa 400 operai ed era per l’epoca una struttura all’avanguardia con Chiesa, campo da bocce, cinema, mensa e addirittura uno dei primi apparecchi di radiografia nell’infermeria. Nel 1927 il governo fascista nazionalizzò tutte le miniere e fondò la “Società Anonima Nazionale Cogne”. La coltivazione proseguì a pieno regime, sotto varie società, fino al 1968. Fu questo un periodo di grande fermento culturale perché il lavoro in miniera richiamò giovani da tutta Italia, molti dei quali si integrarono bene nella nuova realtà e decisero di rimanere in valle anche dopo la chiusura della miniera.

Quanto minerale veniva estratto nelle miniere di Cogne? Nel 1940 1.000 minatori estraggono 350.000 tonnellate di minerale, nel 1975 250 uomini estraggono 180.000 tonnellate, nel 1979 le miniere di Cogne chiudono definitivamente. Nel 2017 i visitatori iniziano a visitare le gallerie di Costa del Pino ed è così che la storia della miniera di Cogne non verrà perduta.


Antichità e Medioevo

Le prime testimonianze scritte sulle attività minerarie in Valle d’Aosta risalgono al periodo della conquista romana: si tratta delle narrazioni riguardo alle popolazioni che occupavano la regione prima della fondazione di Augusta Praetoria (Aosta), avvenuta nel 25 a.C. I Salassi sono descritti come coloro che controllavano le importanti strade che attraversavano le Alpi, imponendo guide e portatori in cambio di pedaggi, e come i padroni di mitiche miniere d’oro. Non è da escludere l’ipotesi che gli stessi Romani fossero attratti, oltre che dal controllo strategico dei passi alpini del Piccolo e del Gran San Bernardo, anche dalla smania di mettere le mani sull’oro dei Salassi.

Le fonti scritte fanno un balzo in avanti fino al primo millennio, ma rimangono tracce di presunte attività minerarie rappresentate, per quanto riguarda la valle di Cogne, dal famoso ponte acquedotto di Pondel costruito nel 3 a.C. anche per il trasporto del “materiale ferroso di Cogne” verso la città. La prima testimonianza di un’attività mineraria a Cogne nel Medioevo non riguarda però il ferro, ma l’argento, e risale alla metà del XII secolo.

Il Settecento e l’Ottocento

Cogne, antico feudo vescovile, svolge un ruolo centrale in questa nuova attività mineraria e metallurgica grazie ai suoi giacimenti di magnetite. La situazione è però complessa a causa del conflitto tra il Vescovo e la comunità locale sul diritto di estrazione del minerale: dal 1640 i cogneins si ritengono infatti proprietari del ferro che possono estrarre e lavorare nelle loro fonderie. La fine del Settecento, con il passaggio dall’ancien régime all’epoca francese sancito dalla rivoluzione e dall’impero napoleonico, segna la fine dello sfruttamento delle miniere in tutto il Dipartimento. Nei primi anni dell’Ottocento lo Stato francese inizia a guardare con maggiore interesse alle miniere: assumono le miniere di Ollomont (rame), Courmayeur (piombo e argento) e Saint Marcel (manganese), mentre nel circondario di Aosta sono in funzione 9 altiforni e 15 fucine. Con una produzione di 11 chilogrammi procapite la Valle d’Aosta diventa la regione italiana con la più alta concentrazione di attività siderurgiche.

Novecento

Nel 1898 la miniera di Cogne, inattiva ormai da alcuni decenni, è affittata prima e acquistata poi per 80.000 lire dal belga Alfred Theys, che nel 1903 fonda a Genova una società mineraria. Nel 1907 nasce la Società Anonima Miniere di Cogne. La grande esperienza scandinava in materia mineraria fa si che venga nominato il primo direttore delle miniere, l’ingegnere svedese Ranjar Nordensten. Viene predisposta la teleferica Liconi- Colonna e quella Colonna-Molina, avviata la costruzione del complesso di Colonna e della centrale di Lillaz. Nel 1917 la società in difficoltà è incorporata della Gio. Ansaldo e C. dei fratelli Perrone, che acquista la miniera e tutti gli impianti, costruisce ad Aosta una acciaieria elettrica e realizza, per il trasporto del minerale da Cogne, il progetto dell’ingegner Gilardi di Milano di una ferrovia a scartamento ridotto di 11.645 metri, di cui 8.225 in galleria sotto il colle del Drinc, che risulta, all’epoca, della sua inaugurazione, la più lunga in Europa tra quelle a scartamento ridotto.

Le miniere di Cogne diventano quindi la testa di un sistema verticale a ciclo completo che, con la diversificazione della produzione, l’Ansaldo intende costituire nei vari settori delle industrie meccaniche, elettromeccaniche, navali, chimiche e aeronautiche, con stabilimenti ad Aosta, Sampierdarena, Cornigliano, Pegli, Torino, La Spezia ed altri.

Informazioni aggiuntive

Da una chiacchierata con gli ex minatori

Benvenuto Mei, un minatore arrivato dalla Sardegna ci ha detto “I primi giorni avevo paura di tutto, persino del rumore che strisciava nella montagna, poi mi sono abituato e alla fine ero così triste che la miniera chiudesse, per me era la mia vita. Il lavoro in miniera mi ha insegnato la solidarietà, il senso di profonda amicizia. Una parte di me è ancora dentro la montagna”.

"Al terzo cartellino rosso (non avevi prodotto abbastanza, non avevi trasportato abbastanza materiale, non eri avanzato nella montagna) eri licenziato. In tempo di guerra, quando la miniera forniva acciaio per fabbricare armi, bisognava stare attenti e raggiungere gli obiettivi, altrimenti si partiva per il fronte".

La prima cosa che faceva il minatore la mattina era leggere sui tabelloni il risultato raggiunto il giorno prima dai suoi compagni per poter fare meglio”.

"In 8 ore un minatore avanzava di circa 3 metri, in base alla durezza della roccia, mentre negli ultimi anni con l’aiuto delle macchine si avanzava nella miniera anche di 100 metri".

"La vita dei minatori era dura, seppure ricompensata da un salario doppio rispetto a quello di chi lavorava in paese, nelle stalle e nei campi. Tanti di noi arrivavano addirittura ad amare il lavoro e la vita in miniera diventava una seconda casa, come una famiglia".






Prenota la visita guidata

Tutti i giorni alle ore 10.30 e alle ore 14.30 visita la miniera di Costa del Pino con guida abilitata. Indosserai il caschetto con la sua lampada frontale ed entrerai nel cuore della montagna.